- Sono sempre più numerosi i paesi che stanno approvando le leggi che legalizzano la marijuana ricreativa o medicinale. In molte occasioni, però, le nuove leggi non rappresentano un cammino facile per gli amanti della pianta.
- Contraddizioni legali, liste che sembrano segnalare i consumatori e testi con più restrizioni che libertà, sono solo alcuni dei problemi che separano i consumatori della cannabis da una regolamentazione concreta.
- Analizziamo i chiaroscuri che si verificano in diverse parti del mondo che hanno scelto una politica aperturista rispetto alla cannabis.
Ogni volta che viene approvata una nuova legge che permette il consumo di marijuana, medicinale o ricreativa, è un motivo per festeggiare. Gli attivisti scendono in piazza, i fumatori si accendono una canna alla salute della libertà e l'opinione pubblica favorevole al cambiamento si congratula. Ma, in molte occasioni, le leggi non sono perfette e sono accompagnate da punti negativi e problemi che fanno sì che la legalizzazione non sia esattamente come i suoi più convinti difensori l'avevano immaginata.
Stati Uniti, Canada ed Uruguay sono alcune delle nazioni in cui le leggi destinate a depenalizzare e a regolamentare il consumo della cannabis non sono un esempio così perfetto come sembra. Nella nazione a stelle e strisce, in cui alcuni stati come Colorado o Oregon si sono convertiti in riferimenti mondiali per quanto riguarda la legalizzazione della cannabis, i consumatori, i produttori e i dispensari continuano ad avere problemi a causa di due motivi: le contraddizioni con la normativa federale e la monetizzazione della pianta verde.
La legge federale statunitense, quella che si applica a livello nazionale, continua ad affermare che l'uso, la possessione, la coltivazione e il trasporto della cannabis sono illegali. Inoltre, la include nella categoria I delle sostanze proibite, paragonandola a prodotti dannosi come l'eroina o la cocaina. Tali orientamenti contrastano con ciò che è stato approvato dagli stati e, in teoria, prevalgono sulle decisioni statali. Cioè, in un conflitto tra una legge federale e la legge di uno stato, prevarrebbe quella federale. Nonostante ciò, la decisione non è così semplice, e questi stati vivono una calma relativa in una specie di limbo legale, in attesa che le deboli promesse sul cambio di categoria della pianta diventino realtà e sperando che il Governo non decida di prendere provvedimenti.
Per il momento, la DEA non è intervenuta su vasta scala dato che, storicamente, quando gli stati hanno contraddetto il Governo federale, questo ha risposto solo in quei casi che vedevano compromessa la sicurezza nazionale o la politica internazionale.
Ciononostante, si sono prodotti episodi di tensione e di persecuzione. Da quando la California ha legalizzato la marijuana medica 20 anni fa, i dispensari hanno avuto una relazione complicata con il Governo federale che giunse a compiere varie perquisizioni, specialmente violente nel 2011, e a distruggere le piante, anche se, generalmente, non si sono verificati arresti.
D'altra parte, e frutto di questa contraddizione legale, in Colorado un impiegato è stato licenziato dopo essere risultato positivo al test sulla cannabis fattogli dall'azienda. Il lavoratore, tetraplegico, la consumava fuori dall'orario di lavoro per combattere i sintomi della sua malattia, tutelato dalla legge del suo stato. Senza dubbio, l'azienda basò le sue accuse sulla legge federale e il Tribunale Supremo del Colorado ha dato ragione all'impresa che non ha dovuto riammettere o risarcire l'impiegato.
Oltre questa tensione legale che fa sì che piccoli produttori, consumatori e dispensari si sentano perseguitati e indifesi in certe occasioni, bisogna considerare anche l'aspetto economico. La legalizzazione è accompagnata, in molti casi, dal desiderio degli stati di generare denaro, e solo permettono la coltivazione di marijuana ai grandi produttori. Normalmente questi hanno appena conosciuto il mondo della cannabis, attratti dal profumo dei soldi, e possono pagare licenze milionarie per trarre profitto. Coltivatori per uso personale e piccoli produttori vedono come le loro piantagioni e le loro ricerche sulla cannabis continuano ad essere perseguitate dal sistema, nonostante la loro lotta decennale per la legalizzazione che, alla fine, non è basata sulla libertà ma sul denaro, e li ha lasciati nella stessa posizione.
L'augurio di una legge restrittiva
A sua volta, e con un'attuale legislazione complicata, il Canada sta aspettando, per la primavera del 2017, l'approvazione di una nuova normativa, frutto della promessa realizzata in campagna elettorale dal Governo liberale, che si impegnò a risolvere il tema della legalizzazione e della legislazione della pianta. A causa delle aspettative che ha generato il nuovo testo, città come Toronto e Vancouver hanno visto l'apertura di un gran numero di dispensari illegale. La loro attività non è nuova: durante molti anni i piccoli produttori hanno venduto marijuana medicinale a pazienti con ricetta, nonostante secondo la normativa solo i produttori con licenza -ancora una volta, grandi aziende con denaro- erano autorizzati a commercializzarla, solo per posta.
Negli ultimi mesi, allertati dall'aumento di questi locali, le autorità hanno iniziato una serie di blitz e arresti, mostrando quella che sembra la posizione della futura nuova normativa: la produzione della marijuana sarà legale, ma solo per le grandi aziende, e l'orientamento sarà sostanzialmente medico. Qualora venga confermata, sarà un'altra vittoria parziale che si aggiungerà alla lista di mezze conquiste ottenute dagli attivisti della pianta, che dovranno continuare a lottare per il cambio totale.
Uruguay è un altro degli esempi. Nel 2013, il paese sudamericano si convertiva nel primo paese a legalizzare totalmente la marijuana. I dati, però, mostrano che ciò che è stato approvato dalla legge non è una realtà. Nonostante la coltivazione per uso personale è permessa e anche i club di cannabis possono realizzarla, il bisogno di iscriversi ufficialmente spaventa i piccoli consumatori, che lo percepiscono come un modo per essere segnalati. Con soli 2000 nomi nella lista ufficiale, il disagio è aumentato con l'arrivo del nuovo presidente, Tabaré Vázquez, che ha suggerito l'idea di usarla per "riabilitarli".
Anche la vendita in farmacie, uno dei punti più ambiziosi del progetto dell'allora presidente José Mujica e che aveva come obiettivo la riduzione dei prezzi e la lotta contro il mercato nero, sta avendo problemi. Anche se dopo una lunga attesa due compagnie hanno ottenuto la licenza per produrre la cannabis, solo 50 farmacie in tutto il paese si sono iscritte nel progetto. Secondo l'Esecutivo sono sufficienti per un programma pilota, ma se la riluttanza dei farmacisti non dovesse scomparire, potrebbero supporre un grande ostacolo nell'accesso legale alla cannabis nel paese sudamericano.
In molti casi, l'approvazione di leggi che riguardano la marijuana sono solo una vittoria parziale in cui l'influenza delle grandi imprese e il desiderio di arricchirsi degli Stati termina per prevalere rispetto alle libertà dei piccoli consumatori. Anche se rappresenta un primo gran passo, molti attivisti continuano la lotta affinché un giorno gli amanti della cannabis possano coltivarla e goderne i benefici in modo veramente libero.
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