- Un contenitore poco adatto, un’eccessiva esposizione alla luce o un livello di umidità errato per eccesso o per difetto possono rovinare irrimediabilmente anche il migliore dei raccolti.
- Esistono fattori che, pur non rovinando il prodotto per intero, sono perfettamente in grado di compromettere l’esperienza, rendendola meno gradevole di quanto aspettato.
- Parallelamente, ci sono anche modi molto interessanti per evitare che la cannabis vada a male e poter godersi appieno ogni tiro.
Se sei un consumatore di marijuana abituale, devi sapere che esistono diversi fattori che possono rovinare il migliore dei raccolti. Per distrazione, precipitazione o per ignoranza che sia, prendere una cattiva decisione con conseguenze nefaste per il prodotto è più comune di quanto possa sembrare. Proprio per questo, quando si tratta di stoccare la cannabis che verrà consumata più avanti è fondamentale seguire alcune dritte volte a garantire la preservazione di tutte le sue proprietà, e ciò a prescindere dalla qualità del prodotto di partenza. Qui di seguito troverai alcuni degli errori più comuni che vengono commessi durante lo stoccaggio e anche nel momento del consumo, in modo che una cattiva decisione non mandi all'aria il tuo prezioso raccolto.
La plastica non è una buona idea
Nelle case di oggi è praticamente impossibile non trovare qualche contenitore o sacchetto di plastica. Se questo è anche il tuo caso, devi sapere che avvalersene per conservare la marijuana è tutt'altro che una buona idea, a meno che tu non voglia che le cime vadano a male. Usare questo tipo di contenitore può andar bene nel breve periodo, ma nel lungo andare il carico statico della plastica può finire per rovinare i tricomi delle cime, che nel caso dei sacchetti verranno fra l'altro schiacciate al benché minimo movimento. In più, la plastica non è un materiale adatto a trattenere gli odori, potendo determinare la perdita del sapore e dell'aroma del raccolto senza che nemmeno ce ne rendiamo conto. Evita dunque i contenitori di plastica e scegli in alternativa barattoli di vetro a chiusura ermetica, ricordando di aprire il coperchio per qualche minuto al giorno in modo da accelerare il processo di ossidazione della clorofilla, almeno durante i primi quindici giorni.
Durante questa fase di concia, le cime diventeranno sempre più marroni (questo perché perdono la clorofilla, responsabile del colore verde della pianta) e dunque forse anche leggermente meno appariscenti, ma ciò è soltanto un segno che la cannabis sta subendo delle trasformazioni chimiche interne che la renderanno più attraente. È il caso, per esempio, dei cannabinoidi, che si trovano in forma acida nelle cime e vengono ossidati al contatto con l'aria, diventando psicoattivi ed aumentando dunque la potenza della cannabis. Ma attenzione perché una volta trascorso il tempo necessario per la concia, l'ossigeno può diventare il peggior nemico della marijuana, in quanto il contatto con l'aria e con la sua azione ossidativa provocano nel lungo andare la degradazione dei componenti aromatici e psicoattivi.
Occhio con l'esposizione alla luce
La luce è necessaria per la cannabis… durante la coltivazione. Una volta raccolta e sistemata per la conservazione che precede il consumo, però, può rovinare le tue cime, addirittura quelle che sono state inserite in un contenitore (eccezione fatta per quelli che contengono proprietà anti-UV). La spiegazione di tale fenomeno è dovuta al fatto che la luce accelera la degradazione del THC e provoca reazioni chimiche ceh lo trasformano in cannabinolo (CBN), un cannabinoide dai potenti effetti sedativi.
Questo processo viene ulteriormente accelerato dal caldo e dall'ossigeno, motivo per il quale la marijuana più vecchia e peggio conservata (in termini di condizioni di luce e temperatura) presenta in genere un maggior contenuto di CBN rispetto a quella stoccata in barattoli opachi a chiusura ermetica. Un altro effetto negativo della luce è la sua azione sui terpeni, i quali evaporano più in fretta a causa dell'aumento di temperatura determinato dall'incremento della luminosità. Diversi studi hanno infatti dimostrato che la luce è il fattore che più incide sulla degradazione dei cannabinoidi, in modo che la cannabis che non entra mai in contatto con i raggi UVA può durare fino a due anni in perfette condizioni.
Sì all'umidità, ma senza esagerare
A determinati livelli, l'umidità può rivelarsi un nemico terribile per la marijuana, che può risentirne sia per eccesso che per difetto. La corretta gestione dell'umidità è dunque un fattore fondamentale per la buona riuscita del processo di concia delle cime. Altrimenti, l'erba rischierebbe di seccarsi troppo, diventando sgradevole al palato, o di essere troppo umida, con conseguente rischio di comparsa di funghi e muffa. L'ideale dunque è mantenere l'umidità tra il 50 ed il 60%, livello che limita la comparsa di muffa garantendo il buono stato delle cime e della resina.
Ciò nonostante, prima di stoccare il raccolto, è importante esaminare attentamente ogni singola cima in modo da escludere l'eventuale presenza di funghi o muffa. Altrimenti, l'infezione potrebbe propagarsi in tutto il contenitore. A livello professionale, le cime vengono spesso conservate in atmosfere di azoto o di diossido di carbonio, le quali impediscono la propagazione degli eventuali funghi presenti nella materia vegetale.
Il frigo? Meglio evitare
Nonostante il frigorifero venga considerato una delle più grandi invenzioni dell'umanità, quando si tratta di conservare la cannabis esistono sicuramente opzioni migliori. Le loro temperature fredde, combinate con un livello di umidità decisamente inadeguato alla conservazione delle cime, fa sì che, contrariamente a quanto si possa pensare, esse perdano di freschezza.
L'ideale per mantenere la cannabis in perfette condizioni è conservarla ad una temperatura di circa 25 ºC. Questo perché un ambiente troppo caldo finirebbe per seccare i terpeni, compromettendo le proprietà delle cime, mentre una temperatura troppo bassa rallenterebbe la decarbossilazione, processo attraverso il quale il THCA viene trasformato in THC. Un altro aspetto da considerare quando si parla di temperatura è la prossimità di elettrodomestici quali forno e microonde, i quali potrebbero giocare un brutto scherzo se la cannabis viene posizionata troppo vicino a queste fonti di calore.
Hai un grinder, usalo
Il grinder rientra tra quelle piccole innovazioni tecnologiche facili da utilizzare che ogni amante della cannabis dovrebbe conoscere. In realtà, non utilizzarlo non rovinerà la tua cannabis e non ne comprometterà la qualità, ma ti impedirà di sfruttare appieno il potenziale delle tue piante. Con questo piccolo attrezzo si ottengono infatti cime perfettamente macinate e con le dimensioni ideali da essere distribuite in modo omogeneo lungo la canna, che diventa più facile da rollare. E siccome la resina non entra in contatto con le mani, l'aroma ed il sapore si conservano meglio. Insomma, utilizzare un grinder ti permetterà di goderti appieno ogni singolo tiro migliorando la tua esperienza di consumo.
L'inalazione, meglio se poco profonda
Ancora una volta, realizzare inalazioni troppo profonde non comprometterà la qualità della tua cannabis, ma si tradurrà senz'altro in un'esperienza meno gradevole. Spesso si sente dire che inalare profondamente e trattenere il fumo nei polmoni contribuisce ad aumentare l'intensità dell'effetto, che arriverebbe anche prima. Una convinzione che, però, non ha alcuna base scientifica. Pur essendo vero che i tiri lunghi possono dare l'illusione di una maggior potenza psicoattiva, tale sensazione non ha nulla a che vedere con il THC, ma con il fatto che il cervello viene momentaneamente privato di ossigeno, con conseguente aumento del livello di monossido di carbonio, il quale provoca un senso di confusione mentale o stordimento. In definitiva, una sorta di inganno che il cervello interpreta come reale.
Ma l'azione del THC non viene rafforzata affatto da questo modo di fumare, in quanto la maggior parte del cannabinoide (circa il 95%) viene assorbito subito dopo l'inalazione, rendendo le boccate smisurate un passo del tutto innecessario, e anche alquanto sgradevole. Fare tiri leggeri inalando una quantità d'aria normale è sufficiente per riempire i polmoni ed assicurare che il THC assorbito non superi i livelli assimilabili dal corpo.
E meglio ancora non far uscire il fumo dal naso
Molti fumatori sono abituati a trattenere il fumo in bocca, che fanno poi uscire dal naso, in modo da assaporare meglio le sfumature della cannabis. Una pratica che però espone le cavità nasali a rischi non necessari. Fumare la marijuana lascia la bocca secca perché il tetraidrocannabinolo (THC) viene assorbito dai recettori delle ghiandole salivari sottomandibolari, le quali si trovano in fondo alla bocca e producono circa il 70% della saliva. Questi recettori, però, sono caratteristici delle membrane mucose di tutto il corpo, naso compreso; per cui, quando il fumo viene esalato dalle narici, il calore che si genera al loro interno può causare secchezza ed irritazione, compromettendo nel lungo andare la capacità del consumatore di distinguere correttamente le sfumature di ogni varietà. Altri rischi associati all'esalazione del fumo dal naso sono le lesioni e l'irritazione della gola, delle vie respiratorie e dei tessuti molli.
Bruciare il materiale vegetale provoca inoltre un aumento dell'esposizione a carcinogeni quali il benzene, il naftalene ed il toluene, composti che naturalmente andrebbero evitati non soltanto nel naso ma anche nella bocca. E ora, uno studio recente ha dimostrato che per farlo basta vaporizzare la cannabis a una temperatura non superiore a 185 ºC, un metodo che permette di ridurre l'esposizione a queste sostanze carcinogene del 100%!
Ecco qua sette consigli per massimizzare la qualità della tua cannabis. Vedrai che con le nostre dritte e un po' di buon senso le tue esperienze con la marijuana diventeranno ancora più gradevoli.
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