- Il Messico ha posticipato la legalizzazione della cannabis in mancanza di consenso tra i gruppi legislativi del Senato, che secondo quanto stabilito dalla Corte suprema, avrebbe dovuto approvare la nuova legge entro il 31 ottobre.
- Il comitato del Senato aveva già reso pubblico il disegno di legge finale, che era in fase di revisione.
- Ma visto che il Senato non ha rispettato la scadenza stabilita, il processo richiederà altro tempo.
Era tutto pronto. Subito dopo aver assunto la carica nel dicembre 2018, il presidente messicano, Andrés Manuel López Obrador, metteva sul tavolo la decriminalizzazione della cannabis e di altre droghe come parte della sua strategia per combattere la criminalità organizzata, un processo che si sarebbe dovuto concludere questo ottobre al Senato con un dibattito sulla legalizzazione della cannabis.
L'approvazione della nuova legge avrebbe costituito una svolta in un paese dove la violenza generata dai cartelli della droga è costata migliaia di vite nell'ultimo decennio. Il nuovo disegno di legge, promosso dal partito Movimiento de Regeneración Nacional (Morena) con il consenso degli altri gruppi era praticamente pronto, mancava solo l'approvazione dei senatori perché la nuova normativa passasse all'esame della Camera dei deputati. E anche lì aveva il sostegno della maggioranza.
Contro ogni pronostico, invece, il Senato decideva di posticipare il dibattito fino a nuovo ordine adducendo mancanza di consenso e discrepanze con le osservazioni formulate dai Ministeri degli interni e della sanità. Così, veniva posticipato anche lo scopo ultimo di modificare cinque articoli della Legge generale sulla salute, riforma che avrebbe legalizzato l'uso della cannabis a fini medici, scientifici e ricreativi, aumentando anche il limite legale di consumo personale da 5 a 28 grammi.
Nello specifico, il Consiglio per il coordinamento politico del Senato non è riuscito a mettersi d'accordo sui punti riguardanti la produzione, distribuzione, commercializzazione e rilascio di licenze sollevati nel parere della Commissione di giustizia. Una mancanza di consenso che ha impedito al Senato di votare il progetto di legge entro il 31 ottobre, come previsto.
L'istruzione della Corte suprema
L'anno scorso, la Corte Suprema del Messico faceva giurisprudenza dichiarando incostituzionali cinque articoli della Legge generale sulla salute, e sulla base che violavano il diritto al libero sviluppo della personalità, dava incarico al Senato di legiferare al riguardo entro il 31 ottobre 2019. Un compito che, pur essendo stato assegnato con un termine di un anno, la Camera ha rimandato fino ai primi di ottobre. E nella fretta, non ce l'hanno fatta.
Come soluzione, il Senato ha chiesto una proroga alla Corte suprema, ma se non attuerà entro il nuovo termine, questa potrebbe eliminare gli articoli ritenuti incostituzionali dalla legislazione. Una mossa che permetterebbe la coltivazione domestica ma che non creerebbe le basi necessarie per lo stabilimento di un mercato commerciale controllato.
I senatori denunciano pressioni da parte dei gruppi di potere
Il disegno di legge per la legalizzazione della cannabis nasceva con lo scopo di favorire l'emancipazione delle comunità messicane più vulnerabili. Così, per assicurarsi che anche loro possano beneficiare della nuova normativa, erano state definite alcune preferenze speciali per l'ottenimento di licenze e permessi.
La proposta contemplava anche la creazione dell'Istituto della cannabis per la pacificazione e la riconciliazione del popolo all'interno del Ministero della Sanità, organismo che, tra le altre funzioni, avrebbe il compito di rilasciare i permessi. Un altro punto importante della bozza preliminare riguarda l'investimento estero, che per le licenze commerciali e di ricerca non potrà superare il 20% della struttura del capitale.
La modifica legale è seguita dalle multinazionali, che fanno pressione perché venga creata una legge fatta su misura per i loro interessi
Il disegno di legge, però, suddiviso in 74 articoli, prevede anche norme rigide sull'etichettatura, e accetta solo imballaggi fatti con materiali biodegradabili. Oltre a ciò, non definisce un processo lecito per l'ottenimento di semi di cannabis locali, e impone la creazione di un registro di monitoraggio dalla germinazione del seme fino alla vendita dell'erba al consumatore, così come l'esecuzione di test di laboratorio prima della commercializzazione del prodotto.
Requisiti, questi, che difficilmente saranno alla portata dei piccoli produttori e che, come denunciano diverse organizzazioni, potrebbero generare una sorta di "effetto Monsanto" che favorirebbe i grandi capitali esteri. Infatti, diverse grandi imprese, per la maggior parte canadesi e statunitensi, hanno già espresso il loro interesse per le dimensioni e i bassi costi del mercato messicano.
Così, la possibile modifica costituzionale e legale è seguita da vicino da queste multinazionali, che fanno pressione sui legislatori perché creino una legge fatta su misura per i loro interessi. Intanto, più si rimanda l'adozione di una decisione, più aumentano le possibilità delle imprese di cannabis estere di controllare il mercato messicano, mettendo fuori gioco gli eventuali produttori locali.
La situazione di stallo potrebbe prottrarsi fino alle prime settimane di novembre, ma è soltanto una stima. Nel frattempo, l'incertezza è arrivata anche alla Corte suprema, che dopo il nuovo ostacolo legislativo e se non dovesse accettare la richiesta di proroga del Senato, dovrà emettere una declaratoria di incostituzionalità. Arrivati a questo punto, la faccenda verrebbe rinviata a uno dei dieci ministri del Governo, il quale sarebbe tenuto a presentare un disegno di legge soltanto per gli articoli dichiarati incostituzionali, ma per questo non c'è un termine prestabilito.
In ogni caso, la mancanza di accordo tra i legislatori potrebbe far finire il processo di modifica della legge nella strada della burocrazia. Come andranno a finire le cose in Messico allora? Non ci resta che stare a vedere.
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