- Si è conclusa la visita ufficiale dell’associazione LaPiantiamo a Dinafem, nei Paesi Baschi. Il gruppo di pazienti attivisti ha potuto constatare come due paesi così lontani geograficamente e culturalmente, possano in realtà sentirsi più vicini, condividendo questioni sociali di interesse comune. L’intento di aver promosso una visita nei Paesi Baschi è stato quello di favorire il dialogo tra le comunità attraverso la condivisioni di esperienze e contenuti.
Sia le politiche proibizionistiche italiane che la depenalizzazione in Spagna si sono di fatto rivelate fallimentari nella gestione delle sostanze stupefacenti e delle relative implicazioni che hanno sulla società. Sebbene ci sia stato un risveglio da parte dei politici e dell’opinione pubblica, il cammino verso una regolarizzazione che funzioni è lungo. In entrambi i paesi i malati e le associazioni che li supportano continuano a rimanere esclusi dal dibattito pubblico che si è generato sulla questione della legalizzazione.
La scelta di Dinafem di invitare un’associazione di pazienti italiani attivisti nasce dal fatto che si crede nella promozione delle realtà che si muovono attivamente dal basso, ma prima di tutto perché è impossibile rimanere estranei di fronte alla consapevolezza che i malati sono i primi a soffrire di questo caos legislativo internazionale.
Come spiega Lucia, la presidente dell’associazione italiana, “la difficoltà principale sta nell’ottenere l’accesso ad un prodotto di qualità e variegato: per trattare le patologie in modo efficiente c’è bisogno infatti di disporre di materia prima organica e di differenti varietà, poiché ogni malattia necessità di dosaggi e principi attivi differenti. Per trattare ad esempio una malattia come l’atassia di Friedreich c’è bisogno di qualità a base di solo CBD, quasi impossibile da trovare in giro. In Italia moltissimi malati, non avendo accesso alla cannabis terapeutica sono costretti a rivolgersi al mercato nero, trovando spesso prodotti iperfertilizzati e dai dubbi effetti terapeutici. Sono frequenti i casi di pazienti che usano la cannabis come medicina ai quali la presenza del THC provoca effetti indesiderati e che potrebbero trovare una soluzione usando varietà a base di CBD.”
Sia Dinafem Seeds che LaPiantiamo sono d’accordo sull’idea che un paziente dovrebbe avere l’opportunità di poter scegliere fra diversi strains, previamente testati (cannabinoidi e terpenoidi) e di ricevere le informazioni adatte per scegliere la varietà con meno effetti collaterali. Probabilmente in questo modo un paziente sarebbe in grado di capire quale strain si adatta meglio alla propria patologia.
In altre parole, l’accesso ai dati delle analisi chimiche permette ai pazienti che usano la cannabis terapeutica di applicare un criterio razionale nel momento in cui si sceglie lo strain da usare per scopi medici. E’ di primaria importanza, specialmente per le imprese e le associazioni del settore, promuovere il più possibile il dialogo, l’ informazione e la ricerca, contribuendo così a consolidare la conoscenza collettiva riguardo gli usi di questa pianta.
Principi morali e non scientifici
Sebbene esistano realtà che cercano di cambiare il concetto del sistema, oggigiorno in Spagna l’unico uso terapeutico consentito è l’automedicazione. Incluso in un club dotato di supporto terapeutico basico (ahimè l’unico consentito) non è possibile fornire un prodotto specializzato e controllato. Ci sono associazioni che forniscono ai loro soci varietà mediche e prodotti derivati come macerati, tinture e varietà ma che purtroppo non dispongono di analisi di qualità. Essendo considerato un tipo di approccio poco redditizio e in certi casi anche compromettente esistono pochi CSC che lavorano principalmente nel settore terapeutico tra cui alcuni a Barcellona e uno a Zaragoza. Nei Paesi Baschi, lontano dalla caotica Barcellona, i CSC lavorano più come associazioni piuttosto che come attività commerciali, ma anche qui la legislazione regionale presenta delle lacune nella gestione del tema terapeutico. Per dare ai ragazzi di LaPiantiamo un esempio pratico di come lavora un CSC è stato organizzato un tavolo di discussione insieme ai membri di Ganjazz, un’associazione basca che in questi ultimi due anni si è dedicata principalmente a fornire un supporto terapeutico ai suoi associati e che costituisce un fiore all’occhiello nel panorama nazionale (e internazionale), anche per le notevoli conquiste ottenute in materia di dialogo con le istituzioni pubbliche locali.
I membri di Ganjazz accogliendo calorosamente i loro colleghi italiani descrivono la scena attuale spagnola: “Se prima la questione era legalizzazione contro proibizionismo, ora il dibattito si è spostato sulla ricerca di proposte di regolarizzazione responsabile perché quella attuale non va bene. La legge relativa alla coltivazione e consumo di cannabis è infatti basata su principi morali e non scientifici. Ed è stato dimostrato che non funziona. Le leggi emanate che hanno permesso il consumo legale hanno portato alla nascita di un motore economico di notevoli dimensioni che è stato sin dall’inizio difficile da controllare. Senza dubbio se si cambiasse atteggiamento, se iniziassimo ad agire e pensare in modo diverso, se investissimo sulla ricerca scientifica, cercassimo di trovare una soluzione tenendo prima di tutto in considerazione il punto di vista dei malati, promuovendo la salute pubblica e la democrazia, si potrebbe arrivare a concepire un approccio sostenibile al problema.”
E’ molto difficile accettare una regolamentazione basata su un approccio scientifico in paesi dove il moralismo è radicato in modo capillare da secoli.
La terapista di Ganjazz spiega inoltre che “I club offrono un servizio basico ma non sempre si trovano figure competenti specializzate con esperienza che si dedicano all’accoglienza dei nuovi soci. I prodotti di solito non sono analizzati. Si tratta di un servizo assistenziale. E’ un peccato non poter assistere tutte quelle persone che fanno richiesta di terapie specializzate a base di cannabis ma che purtroppo non abbiamo la capacità morale di fornire e di cui siamo costretti a rifiutare le richieste, abbandonandoli alla loro malattia.”
Sono tutti concordi sul fatto che in Spagna ci sia disponibilità di materia prima, ma è evidente che esistono delle grosse lacune nella gestione dei CSC. Un socio che fa richiesta di un trattamento a base di cannabis ha bisogno di essere ricevuto da personale medico specializzato e budtenders in grado di trovare la cura più adatta al suo quadro medico.
Disponibilità economica
La realtà italiana sembra per assurdo l’opposto di quella spagnola. In Italia le recenti regolamentazioni sulla coltivazione e la commercializzazione di cannabis hanno comportato un aumento di terre coltivate con questa pianta e di imprese dedicate a questo settore. Sono 11 le regioni italiane che consentono l’uso per scopo terapeutico dove è possibile vendere direttamente la cannabis con principi attivi elevati e i suoi derivati. Normalmente il costo di una confezione di Bedrocan, l’unica cannabis consentita in Italia, che contiene 5g cannabis sativa con il 14% di THC si aggira tra i 22 e i 70 euro. E’ evidente che per un malato che necessita di cure costanti il trattamento costituisce una spesa notevole che non tutti possono affrontare. E per chi non è residente in una di queste regioni “fortunate” non è possibile accedere al farmaco neanche in caso di disponibilità economica.
I membri di LaPiantiamo spiegano come per necessità siano riusciti ad elaborare un sistema di accesso al farmaco che si basa prima di tutto sull’analisi e il supporto al malato da parte di medici, psicologi e farmacisti. Il paziente dopo aver compilato un questionario, attraverso il quale si cerca di inquadrare il soggetto da trattare e la patologia in modo dettagliato, passa ad una visita olistica. In seguito gli viene comunicato il piano terapeutico che più si adatta al suo caso. Purtroppo esiste un iter burocratico molto lungo che penalizza prima di tutto i malati. Infatti sebbene LaPiantiamo velocizzi l’accesso al farmaco, i tecnici specializzati che utilizzano le 5 varietà di Bedrocan registrano dei rallentamenti nella produzione dei preparati farmaceutici. Lo Stato italiano richiede che ogni singolo prodotto elaborato venga analizzato e approvato, anche se il procedimento e la varietà rimangono gli stessi. Di conseguenza molto spesso i malati sono costretti ad interrompere le cure (con conseguenti ricadute) poiché per conseguire le licenze necessarie può passare molto tempo.
In Spagna la possibilità di accedere con relativa facilità al prodotto ha fatto passare in secondo piano il settore terapeutico. Al contrario, in Italia i tanti anni di proibizionismo hanno portato alla mancanza di una coscienza collettiva che affronti il tema in modo etico. Tante e troppe persone sono costrette a utilizzare cure farmaceutiche, in molti casi dagli effetti secondari devastanti, piuttosto che disporre di trattamenti a base di cannabis che può essere applicata nel trattamento di diverse malattie come sclerosi multipla, fibromialgia, epilessia, artrite reumatoide, dolore cronico, anoressia, obesità, psoriasi e tante altre. Proprio in questo scenario di ottuso e anacronistico proibizionismo, Lucia, Andrea e William hanno avuto il coraggio e la capacità di creare e mantenere una vera e propria struttura di assistenza al malato, diventata un punto di riferimento per i pazienti di tutta Italia. Tra le varie difficoltà ideologiche e burocratiche è da notare che sempre più medici e studiosi, consapevoli dell’efficacia di questa pianta, consigliano ai loro pazienti trattamenti con cannabinoidi, i cui effetti indesiderati possono essere facilmente evitati attraverso un’informazione corretta e una somministrazione adeguata.
Ciò ha dato luogo all’idea di iniziare a lavorare congiuntamente per la creazione di un network internazionale costruito dal basso, in cui i pazienti diano testimonianza dei benefici riscontrati con una varietà piuttosto che con un’altra, i medici prescrittori e i ricercatori raccolgano queste informazioni ed inizino a scrivere la letteratura scientifica che ancora manca in questo campo, le seedbank sviluppino ceppi mirati e grazie agli attuali mezzi di comunicazione si permetta la reale condivisione e l’accesso a informazioni così potenzialmente utili alla collettività.
Questa full immersion di tre giorni dedicata alla conoscenza, al dialogo e al confronto tra realtà italiana e spagnola è stato il risultato di uno sforzo collettivo e non sarebbe stato possibile senza l’aiuto di tutte le persone che hanno collaborato e condiviso le loro esperienze per cercare di far luce sulla questione più importante: l’efficacia di una cura sostenibile per i malati. Speriamo questo incontro possa beneficiare tutte quelle persone che lottano ogni giorno si sforzano di trovare una medicina accessibile senza la paura di essere perseguitati e incriminati.
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