dalla conquista al proibizionismo

Dalla Conquista al Proibizionismo

  • Verso la fine del Quattrocento, dopo secoli di MedioEvo che, sebbene fu definita l’era dei secoli bui, in realtà si rivelo’ un evidente periodo di trasformazioni e invenzioni, vi fu una rinascita della cultura e della concezione dell’uomo. Il tradizionale sapere medievale, legato ad una visione teologica della vita apparve inadeguato e inizio’ a svilupparsi una nuova filosofia antropocentrica. Si assiste dunque ad una Rinascita dell’uomo, intesa come riscoperta della propria posizione centrale nel mondo.
dalla conquista al proibizionismo

Il Rinascimento e la ri-scoperta della cannabis

Il Rinascimento fu un’epoca caratterizzata da scoperte ed invenzioni: nel MedioEvo si dava spazio alla vita ultraterrena e ai problemi astratti, durante il periodo rinascimentale l’obiettivo era invece forgiare il proprio destino nel mondo, dando importanza all’aldiquà piuttosto che all’aldilà. In contrapposizione ai testi religiosi a cui si faceva riferimento durante il Medioevo, gli umanisti ripresero i testi classici, riportando in auge il sapere greco-latino. In particolare ritorno’ l’interesse per lo studio fisico della Natura: riprendendo il pensiero, degli autori classici secondo i quali la Natura, per la sua perfezione, era fonte d’ispirazione, vi fu uno spiccato interesse nei confronti del mondo vegetale e animale. L’idea dell’Agricoltura come arte nobile e la predisposizione umanistica a trovare risposte pragmatiche fu determinante per l’ introduzione di nuovi strumenti e la pubblicazione di importanti studi riguardanti tecniche agricole innovative.

La coltivazione della canapa ad esempio era stata perfezionata al punto che era diventata una delle principali colture che si potevano trovare nei campi italiani. La ragione per cui era così diffusa era la sua facilità a essere coltivata anche in terreni impervi (sabbiosi o paludosi) e la versatilità nelle applicazioni alla vita quotidiana. In particolare l’industria marinera, che era una delle più fiorenti economie italiane, giovava della coltivazione della canapa poichè da essa si ricavavano vele e cordami, fondamentali nella navigazione. Un esempio emblematico si trova a Carmagnola in Piemonte, principale fonte di produzione della canapa, che veniva lavorata dagli artigiani del luogo, e in seguito trasformata in vele e cordami necessari ad allestire le manovre delle navi genovesi. La disponibilità di imbarcazioni resistenti indusse molti navigatori a intraprendere sempre più viaggi e ricerche. Questi sono alcuni tra i fattori che determinarono la scoperta dell’America: tra i materiali principali con le quali erano state costruite le caravelle di Cristoforo Colombo compariva la canapa che rimase una delle materie prime dell’industria veliera fino alla scomparsa dell’industria stessa, dovuta all’introduzione del motore a vapore. La cannabis non era soltanto una risorsa agricola, era anche una delle piante medicinali più utilizzate dai dottori dell’epoca. La scoperta delle americhe e il conseguente incontro con le altre culture fu determinante per gli studi degli effetti che questa pianta aveva sull’uomo. In particolar modo si osservo’ che diverse popolazioni americane avevano già una conoscenza a proposito di questa pianta e sebbene vi fu una tendenza a considerare inferiore tutto cio’ che era indigeno, la scoperta di nuove piante e dei loro relativi usi medicinali suscito’ un notevole interesse negli studiosi dell’epoca. Una prova degli usi medici della cannabis può considerarsi l’antica Spezieria di Parma, una struttura che ricopriva le funzioni delle attuali farmacie: al suo interno è possibile osservare i numerosi contenitori di erbe mediche tra cui la Cannabis Indica. Come altre spezierie quasi tutte le erbe mediche erano coltivate dai monaci direttamente nelle strutture e lavorate all’interno di spazi appositi dove prendevano forma i farmaci. Ma per la cannabis, anche se era usata nella cura delle persone, di li a poco sarebbe iniziato il primo di una serie di periodi bui. Nel 1484, in pieno clima inquisitorio, il papa Innocenzo VIII, per contrastare l’ondata di eretismi e per “combattere il diavolo”, decise di emanare una bolla papale nella quale veniva condannato tutto quello che poteva avere qualche relazione con la stregoneria e la magia, tra cui le piante allucinogene e psicotrope, come la cannabis. I viaggi e le scoperte avevano però posto l’uomo in forte discussione con il sistema cattolico predominante. L’incontro con le altre culture e con tutto ciò che era considerato diverso affascinava i viaggiatori e gli studiosi tardo-rinascimentali: con le vele e le corde di canapa si salpavano i mari e si arrivava verso mete sempre più esotiche dove gli occidentali entravano in contatto con gli usi e le sostanze usate dagli altri popoli, in particolare quelli tribali. Contemporaneamente alla replica cattolica, i viaggiatori che si recavano in Africa e in Asia introdussero in Europa nuovi costumi legati sempre più spesso agli usi della cannabis, suscitando un forte interesse da parte della classe medica che si trovava ora di fronte ad una pianta multifunzionale. Agli inizi dell’Ottocento la coltura della cannabis riguardava tutto il territorio nazionale.

Giovanni Maria Galanti1, uno dei più famosi economisti e viaggiatori del Settecento, nelle sue relazioni dei territori che visitava annovera la coltura del lino e della canapa in tutto il Regno di Napoli, cercando di descrivere in modo approfondito dove e come si coltivava la cannabis. Dal lato terapeutico la medicina, che da sempre si serviva della tradizione popolare, si avvicinò in questo periodo alla cannabis con un approccio più razionale. Secondo G. Samorini, uno dei massimi studiosi in materia, è questo il periodo dei primi circoli di sperimentazione della cannabis presenti in Italia. Il riferimento va a Carlo Erba e il gruppo di studiosi milanesi che iniziarono a studiare e ad autosperimentare gli effetti della cannabis indica. Come afferma Samorini “Nel 1849 Giovanni Polli, Carlo Erba e il francese Dorvault presentano sugli Annali un importante articolo intitolato “Dell’Hascisch e delle sue preparazioni”2. Vengono qui descritti gli esperimenti farmaceutici da loro condotti e il metodo di estrazione della cannabina, il principio attivo che era stato identificato in quel periodo, ponendo così il dott. Erba come uno dei pionieri a livello europeo negli studi sull’estrazione dei principi attivi della cannabis.

Dall’oro verde all’oro nero

Verso la fine dell’Ottocento l’invenzione del battello a vapore sposta l’attenzione verso combustibili come il carbone piuttosto che nella produzione di vele di canapa alimentate dal vento. In Italia la coltura della canapa che in questo periodo era sviluppata in Emilia, Campania e Veneto subisce un rallentamento sia nella produzione che nella sperimentazione. L'Italia non era infatti un mercato economico unitario: le varie aree regionali che facevano parte del nuovo Stato avevano forti specializzazioni produttive, ma molto differenti tra di loro e non complementari.

L’ondata d’industrializzazione divise in due il Belpaese: al Nord inizia il processo di ammodernamento e meccanizzazione delle tecniche agricole, concentrandosi nella pianura padana. Il Sud, come il resto dell’Europa Mediterranea rimane ancora strettamente legata al latifondismo, creando un forte dualismo tra parte settentrionale e meridionale.

L’economia italiana, che si basava principalmente sul latifondo e quindi si poteva definire un’economia prettamente agricola, provò a manifestare la sua rivoluzione industriale attraverso un avanzamento nelle tecniche agricole.

Ma passarono solo pochi decenni e nel 1937 gli USA, che intuirono il potenziale di contrasto che la canapa aveva nei confronti del petrolio, iniziarono una lotta alle droghe, tra cui vi fu una demonizzazione della cannabis che cancellerà per molto tempo i vari utilizzi di cui giovava l’uomo. L’Italia si allineò con la linea di pensiero statunitense; durante il perido fascista si assistette però ad una forte contraddizione da parte del governo fascista. Se da un lato infatti con la legge del 1923 Mussiolini-Ovidio denominata “Provvedimenti per la repressione dell’abusivo commercio di sostanze velenose aventi azione stupefacente”, si cercava di contrastare il fenomeno delle fumerie con multe salate e ricoveri coatti in caso di tossicodipendenza, fu proprio durante il periodo fascista che venne incentivata la produzione di canapa industriale. Sorsero canapifici in tutto il territorio italiano: ancora oggi è possibile visitare alcuni esempi di archeologia industriale canapiera. I canapifici erano strutture dove vennero prodotti cordami e tessuti in canapa fino a quando verso la fine degli anni Cinquanta, seppure dopo vari tentativi di ammodernamento delle strutture, le fibre sintetiche derivanti dal petrolio sostituirono completamente quelle naturali. Inoltre le nuove leggi internazionali che criminalizzavano la cannabis danneggiarono l’economia che girava intorno a questa pianta: non essendoci più distinzione tra sativa e indica le coltivazioni cedettero il posto ad altre colture meno “pericolose”, causando il declino della canapa. Tramontava, così, la possibilità di un avanzamento degi studi sulla cannabis e i suoi effetti terapeutici e la coltivazione di una fibra tessile che per secoli, aveva avuto un peso non indifferente nell’economia italiana e che aveva notevolmente caratterizzato usi, costumi, tradizioni delle zone più laboriose del nostro Paese, soprattutto della Campania.

Si poneva ora il probema per gli anziani lavoratori della macerazione, per gli addetti alla stigliatura, per i piccoli artigiani, per le umili pettinatrici su quale avvenire si profilava per essi. La maggior parte di questi non conosceva altra attività, era nata e vissuta in un mondo dominato dalla canapa, un prodotto che, sino a pochi anni prima, era ritenuto insostituibile e prezioso, tanto da definirlo l’«oro verde» e che ora veniva demonizzato in tutti i suoi aspetti.

Il Proibizionismo provocò così la scomparsa di una cultura millenaria che girava intorno alla cannabis e interessava tantissime persone. Da un momento all’altro la tradizione canapina svanì dai ricordi del popolo italiano, per lasciare il passo alle nuove logiche dominate dal consumismo delle fabbriche e delle catene produttive industriali.

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1 G.M.Galanti, Giornale di viaggio in Calabria (1792), Società Editrice Napoletana, 1981, Napoli.

2 G.Samorini, L’Erba di Carlo Erba. Per una storia della canapa indiana in Italia. Nautilius, 1996, Torino

 

26/08/2015

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