- Lo scorso settembre abbiamo avuto l’occasione di assistere alla presentazione ufficiale dell’Osservatorio Spagnolo di Cannabis Medicinale, un ente che ha l’obiettivo di creare in Spagna un modello di cannabis terapeutica e al tempo stesso di promuovere la ricerca e l’applicazione sul campo della medicina della stessa.
- Alla presentazione di questo progetto, che ha avuto luogo presso il Caixa Fórum di Madrid, abbiamo assistito a diversi convegni tenuti da scienziati e ricercatori esperti in materia, tra cui Manuel Guzmán, accademico di Biochimica e Biologia Molecolare dell’Università Complutense di Madrid e membro della Real Academia Nacional de Farmacia, che ha fornito una breve introduzione ai cannabinoidi.
I cannabinoidi sono sostanze presenti nella composizione della Cannabis Sativa che grazie alle loro proprietà si prestano ad essere utilizzati in ambito medico. Per capire perché la cannabis è efficace nella cura di diverse malattie e come agisce nel nostro organismo, è importante conoscere i meccanismi e gli attori coinvolti in questi processi.
Manuel Guzmán, che fa parte dell'équipe dell'Osservatorio Spagnolo di Cannabis Medicinale, ha voluto sottolineare durante il suo discorso l'importanza dell'identificazione dei principali componenti attivi della cannabis, tra cui il THC, una sostanza che è conosciuta da decenni grazie agli studi di Raphael Mechoulam.
Molto altro oltre al THC…
Anche se è il più conosciuto, il THC non è l'unico componente attivo della pianta di cannabis, ma con lui ci sono più di cento cannabinoidi diversi oltre ad altri elementi come i terpeni e i flavonoidi. Come ha spiegato Guzmán, anche se ancora non si conosce la farmacologia di molti di essi, è essenziale evidenziare il secondo attore bioattivo più importante della pianta, lo scudiero di lusso del THC a livello molecolare: il cannabidiolo, conosciuto anche come CBD.
Se osserviamo la formula molecolare del cannabidiolo e la confrontiamo con quella del THC, noteremo come la somiglianza sia straordinaria. Tuttavia, anche se simili, le due formule non sono uguali, e quelle piccole differenze fanno sì che gli effetti di ogni sostanza siano così diversi tra loro.
In tal senso, Manuel Guzmán ha brevemente esposto le proprietà medicinali del CBD, un cannabinoide in gran voga al momento attuale, che offre i seguenti benefici a livello medicinale:
- Possiede delle proprietà antinfiammatorie
- Ha anche delle proprietà anticonvulsive
- È un potente neuro protettore
- Aiuta a combattere la spasticità e per questo è particolarmente adatto per coloro che soffrono di sclerosi multipla
- È antemetico, ovvero, aiuta a combattere le nausee, un elemento molto utile nel caso di persone che stanno facendo cure chemioterapeutiche.
Il CBD migliora anche la tollerabilità del THC, visto che limita alcuni dei suoi effetti collaterali indesiderati, come la secchezza boccale, la tachicardia e, soprattutto, la psicoattività, cosa molto importante quando parliamo del suo uso medicinale. È per questo che in alcune terapie con la cannabis medicinale, si consiglia di somministrare il THC insieme al CBD.
Come interagiscono i cannabinoidi con il nostro organismo?
Come ha spiegato Manuel Guzmán, il lavoro svolto da Raphael Mechoulam negli anni 60 per illustrare la composizione chimica della cannabis si è rivelato essenziale per costruire i pilastri della ricerca sulla pianta, non solo in termini farmacologici, ma anche per delineare i derivati dei cannabinoidi che hanno consentito di conoscere il suo meccanismo d'azione.
Circa 30 anni dopo che Mechoulam e la sua équipe hanno caratterizzato questi composti, c'è stato un cambiamento del paradigma nella visione di come queste sostanze agiscono sul nostro organismo. La scoperta del sistema endocannabinoide negli anni '90 ha rivelato che esistono in alcune delle nostre cellule, ad esempio nei neuroni, delle molecole che legano in modo particolare i cannabinoidi al nostro sistema.
I cannabinoidi, come anche i principi attivi di qualsiasi altro farmaco, non agiscono per magia, ma lo fanno legandosi a queste molecole che li riconoscono e li ricevono nell'organismo: i recettori. In questo caso, recettori di cannabinoidi visto che si tratta di molecole posizionate sulla superficie delle nostre cellule (ad esempio, dei neuroni del sistema nervoso centrale), in grado di riconoscere specificatamente le componenti della cannabis, come ad esempio il THC della pianta. Questo fa sì che il cannabinoide in questione, quando viene ricevuto da questo recettore che lo identifica, si unisca alla cellula con un'altissima specificità.
Per capire meglio questo processo, potremmo utilizzare la similitudine della chiave e del lucchetto. Il cannabinoide, che sarebbe la chiave, si unisce specificatamente al suo lucchetto molecolare (il recettore) dalla forma precisa. Per questo, solo le cellule che dispongono di questi lucchetti sono sensibili al cannabinoide e solo con questa combaciamento si produrrà l'unione che provocherà una risposta nella cellula: questa cambierà la sua attività o la inibirà, in base al tipo di segnale ricevuto.
Alla scoperta del sistema endocannabinoide
Ci sono due tipi di "lucchetto" nel nostro organismo, i recettori CB1, che si trovano soprattutto nel sistema nervoso e i recettori CB2, legati al sistema immunitario e che quindi mediano negli effetti infiammatori.
Prima di scoprire che il corpo umano di per sé genera cannabinoidi, sembrava un capriccio della natura che i cannabinoidi venissero prodotti solo da una delle circa 300.000 piante esistenti nel regno vegetale. La domanda che è ovviamente sorta a partire dalla scoperta di questi recettori è stata "Perché esistono questi recettori nel nostro organismo?". L'ipotesi iniziale fu che questi recettori dovevano trovarsi nelle nostre cellule per unire particelle molto simili chimicamente a quelle dei cannabinoidi, delle molecole che noi esseri viventi produciamo e che si uniscono a quei recettori modulando l'attività di alcuni circuiti neuronali.
Questa ipotesi, sulla quale si è basata l'équipe di Raphael Mechoulam, ha dato il via alla scoperta dei cannabinoidi endogeni e degli endocannabinoidi, che sono molecole simili ai fito-cannabinoidi (quelli prodotti dalla pianta) prodotti dal cervello di tutti gli animali vertebrati. I cannabinoidi, pertanto, agiscono nel nostro organismo perché imitano l'azione di questi endocannabinoidi, che il nostro organismo produce per controllare i diversi processi.
Quali sono questi processi e che importanza hanno per il nostro organismo?
Come abbiamo già detto in precedenza, i cannabinoidi influiscono su diverse funzioni del nostro sistema attraverso l'unione con i recettori CB1 e CB2. Per illustrare questi processi in modo più chiaro, Guzmán ha definito le reazioni provocate nel nostro sistema dal THC e il perché delle stesse:
- Influenza sull'attività e sulla coordinazione motoria: si produce quando il THC si unisce ai recettori cannabinoidi localizzati nelle zone cerebrali coinvolte in queste funzioni come i gangli basali.
- Aumento dell'appetito: si produce attraverso l'unione del THC con i recettori localizzati nell'ipotalamo.
- Influenza sui processi cognitivi: vari studi segnalano che il THC influisce sui processi cognitivi, come ad esempio la memoria, attraverso l'interazione con i recettori situati nella corteccia dell'ipotalamo.
- Inibizione della nausea: si produce grazie all'interazione del THC con i recettori cannabinoidi localizzati nei centri del nostro sistema nervoso centrale coinvolti nell'inibizione del vomito.
Guzmán ha tracciato uno schema che ci serve per capire come i cannabinoidi influiscono sul nostro organismo. A partire dagli studi di Raphael Mechoulam, e negli ultimi 50 anni, è stato sviluppato un quadro concettuale di base per capire almeno perché i cannabinoidi della pianta agiscono su alcuni processi dell'organismo e non su altri e, a partire da questo, poter affrontare con più conoscenze il progetto delle terapie con i cannabinoidi che aiuteranno a migliorare la qualità della vita di molti pazienti.
Quali sono i benefici terapeutici apportati dall'interazione con i cannabinoidi?
Manuel Guzmán ha evidenziato che il termine "terapeutico" non implica che una sostanza sia buona o cattiva. Questo dipenderà da ogni uso specifico. Ad esempio, ad un atleta che deve disputare una finale olimpica sui 400 metri, non interesserà diminuire la sua capacità motoria consumando della cannabis. Se, invece, una persona soffre di un difetto ipercinetico come l'attivazione involontaria del sistema motorio, come accade nel caso di alcune malattie neurodegenerative che producono spasmi involontari, è ovvio che sarebbe utile ridurre in questo caso l'attività motoria.
I cannabinoidi come farmaco
Diversi studi hanno dimostrato che i cannabinoidi possono essere un elemento importante per l'ambito medicinale in virtù delle loro molteplici proprietà, estremamente utili per la cura di determinate malattie. Di seguito, elenchiamo brevemente le proprietà più rilevanti di alcuni cannabinoidi:
- Analgesiche: molto importanti per quadri con dolore cronico e dolore neuropatico.
- Anti-spastiche: molto utili per il trattamento di disturbi associati a malattie neurodegenerative come la sclerosi multipla.
- Anti-vomito: utili per palliare gli effetti collaterali della chemioterapia.
- Anti-convulsive: molto efficaci in alcuni casi si epilessia come la sindrome di Dravet.
- Neuro protettrici: efficaci per il trattamento di malattie neurodegenerative come l'Alzheimer.
Una volta dimostrato che i cannabinoidi possiedono proprietà applicabili al campo della medicina, la questione seguente da affrontare sarebbe è possibile utilizzare i cannabinoidi come farmaci? Come indica Guzmán, esistono una serie di parametri che definiscono l'efficacia e la sicurezza di un farmaco. Con i cannabinoidi, come con qualsiasi altro medicinale, dobbiamo cercare il denominato "equilibrio terapeutico", ovvero, non solamente concentrarci nei suoi effetti terapeutici, ma valutare anche i sui effetti indesiderati.
La buona notizia è che tutto farebbe supporre che uno dei vantaggi dei cannabinoidi sarebbe il fatto di non provocare effetti indesiderati gravi. Vari studi scientifici hanno dimostrato che il metabolismo dei cannabinoidi è lento, poiché si tratta di sostanze che faticano ad entrare e distribuirsi nel nostro organismo e che ci rimangono per diversi giorni. Nonostante non siano sostanze innocue e possano avere degli effetti indesiderati, come un'influenza sui processi cognitivi, i cannabinoidi sono composti privi di tossicità acuta perché i recettori non sono localizzati in centri che controllino in modo critico la contrazione del diaframma o la contrazione cardiaca, per cui non c'è pericolo di arresto cardiorespiratorio o di alterazioni nei parametri vitali di base.
L'unico punto negativo nei trattamenti che richiedono l'uso di THC è che questo comporta un effetto psicoattivo che, sebbene possa rivelarsi interessante a livello ludico per alcune persone, può rappresentare un problema per un paziente che abbia bisogno di assumere la cannabis medicinale quotidianamente e per un periodo di tempo prolungato.
Valutazione dell'equilibrio terapeutico dei cannabinoidi
Nel suo contributo, Manuel Guzmán ha affermato che i cannabinoidi possono essere medicinali come minimo palliativi per diverse malattie e che oggigiorno sono molti i pazienti che traggono benefici dalle loro proprietà.
Si tratta di utilizzare la cannabis adattandola alle necessità specifiche di ogni paziente
Lo scienziato ha dichiarato che, sebbene in termini di efficacia esistono molti farmaci nella medicina tradizionale che funzionano meglio per determinati disturbi o malattie rispetto ai cannabinoidi, è necessario verificare se gli effetti collaterali di tali farmaci valgono realmente la pena. Le benzodiazepine, ad esempio, sono molto più efficaci per ridurre i disturbi legati all'ansia rispetto ad alcuni cannabinoidi come il CBD, ma i loro effetti collaterali a lungo termine sono molto più aggressivi rispetto a quelli di questa sostanza.
Guzmán afferma che si tratta di una realtà e che i cannabinoidi dovranno trovare un varco proprio: "Si tratta di utilizzare la cannabis adattandola alle necessità specifiche di ogni paziente, sia come medicinale alternativo sia come complemento. In questo senso, dobbiamo tenere conto del fatto che l'equilibrio terapeutico dei cannabinoidi è molto buono, la sua efficacia può essere moderata ma i suoi effetti collaterali sono perfettamente tollerabili, molti più di quelli di altre terapie".
Come ha affermato il professore, i cannabinoidi potranno essere un'opzione eccellente come terapia sostitutiva in alcuni casi in cui il paziente non tolleri la medicina tradizionale, o non risponda bene al farmaco, o che dopo un uso prolungato dello stesso abbia sviluppato un'intolleranza troppo alta.
È quello che chiameremmo terapia combinata, il modo in cui i cannabinoidi possono completare l'azione di altri farmaci già noti al giorno d'oggi.
Guzmán ha affermato che oggigiorno, i pazienti che più traggono dei benefici dall'uso terapeutico dei cannabinoidi, sono quelli la cui malattia ha deteriorato molto la loro qualità della vita: persone con malattie croniche e/o degenerative.
Ampliare la conoscenza sui diversi composti della pianta di cannabis sembra essere l'elemento chiave per la sua ottimizzazione terapeutica. Nonostante in Spagna questo processo sembri avanzare molto lentamente, organizzazioni come l'Osservatorio Spagnolo di Cannabis Medicinale e professionisti come Manuel Guzmán stanno facendo il possibile affinché in futuro il sistema sanitario spagnolo e migliaia di pazienti possano godere delle proprietà medicinali della cannabis.
Come somministrare/consumare i cannabinoidi
Così come è stato segnalato da Guzmán, i principi attivi della cannabis possono essere ottenuti dalla stessa pianta, così come anche i suoi derivati (olii, estratti), che sono una fonte importante di cannabinoidi. I cannabinoidi hanno una capacità molto bassa di dissoluzione in solventi acquosi e un'alta capacità di dissolversi nelle sostanze organiche o grasse, per cui in molti casi si presentano sotto forma di olii.
D'altro canto, attualmente esistono già nel mercato alcuni farmaci che sono stati approvati da diverse agenzie regolatrici e che contengono estratti più o meno crudi della pianta o anche dei cannabinoidi sintetici:
- Sativex
- Composti puri: capsule di THC
- Cesamet: derivato sintetico del THC
- Epidiolex: è un preparato di CBD
- Marinol: THC sintetico
Secondo quanto prospetta Guzmán, la prossima azione da portare avanti è quella di valutare l'efficacia dei mix di composti rispetto all'utilizzo di composti puri. In generale, oggi come oggi la tollerabilità tende ad essere migliore, e in molti casi anche l'effetto terapeutico, quando si combinano tra loro diversi cannabinoidi con effetti complementari. In alcuni casi, determinati cannabinoidi come ad esempio il CBD, possono persino attenuare alcuni effetti indesiderati di altri cannabinoidi come il THC.
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